martedì 2 maggio 2017

OUTLAST: torna il terrore con la T maiuscola - Il gameplay



Lo stavi attendendo, prova ne sia l'appuntamento con Breaking News di qualche tempo fa

Se CAPCOM cala l'asso all'inizio di quest'anno con il suo Resident Evil 7, la ex piccola casa di produzione Red Barrels decide di fare altrettanto, proponendo il secondo capitolo della serie che ha cambiato le regole del Survival Horror cosi come si conoscevano in questo decennio. 

Arriva Outlast II e tu, non possidente di console o computer da gaming, te lo sciroppi tutto nel canale di Gabbo e ci vuoi scrivere qualche parolina. Senza pretesa di essere un pro player - che manco sei un player in realtà - e semplicemente per esprimere la tua approvazione alla seconda fatica di Red Barrels. 

Dovrai anche qui dividere i contenuti in più post perchè da parlare ve ne sarebbe un bel po' ma siccome sei sempre inseguito dovrai fare presto. E cominci con le considerazioni sul gameplay



Fuggire o nascondersi fidando sull'ambiente...

Una delle ragioni per cui Outlast ha ridisegnato i cardini dell'horror moderno sta decisamente nella totale vulnerabilità del giocatore che non avrà mai a disposizione armi di alcun tipo - e anche in questa installazione l'unica occasione in cui si difende è usando un calcio e solo in una cutscene, non durante il gameplay - e sarà destinato a scappare o nascondersi. Ed in entrambi i casi dovrà farlo molto ma molto velocemente: essere raggiunto o spottato significa quasi di sicuro morte automatica. 

Fuggire e nascondersi implicano, a livello di videogame, il dare la massima realisticità possibile all'ambiente circostante e dotare il personaggio della massima interagibilità con lo stesso. L'equazione è molto semplice: più dinamiche previste, più realismo, maggiore varietà e rigiocabilità del titolo. E in questo caso Red Barrels compie un lavoro eccezionale, cosi come lo aveva fatto nel primo capitolo. Sarà possibile infatti strisciare in cunicoli e in buchi che costituiscono l'unico passaggio percorribile; arrampicarsi o lasciarsi cadere raggiungendo luoghi più in alto od in basso; chiudere serrature di porte per evitare l'entrata dei mostri - alcuni dei quali tuttavia, altra cosa apprezzabile, potranno dopo qualche secondo e qualche buon colpo, sfondare le porte -; spostare suppellettili dinnanzi ai passaggi per precludere la strada all'inseguitore; nascondersi dentro armadi, tra il grano, l'erba alta, sotto acqua e dentro barili; sbirciare tra porte e finestre accostandole lievemente. Una montagna di dinamiche e soprattutto variamente sparse nelle varie zone al fine di consentire al giocatore di scegliere la soluzione migliore. 

Se l'ambiente rappresenta dunque il primo alleato, alla stessa maniera può però essere anche il peggior nemico. A parte la possibilità di rovinose cadute che possono decretare il GAME OVER, il contatto con i vari luoghi può permettere ai nemici - specialmente causa i rumori generati - di spottarci. 

...o sulle proprie scarse risorse...

Fuggire e nascondersi implicano però anche poter presagire la presenza di un pericolo. Anche qui Red Barrels migliora il sistema che già aveva adottato nel primo capitolo. 

La principale amica rimane una videocamera che ha le utilità più varie: registra filmati - che possono poi essere rivisti e permettono di accedere ai commenti del protagonista gettando un attimo luce sulla trama - ; definisce gli obiettivi; permette di vedere luoghi altrimenti troppo bui - con la visione notturna -; funge da sorta di binocolo per guardare in lontananza grazie alla funzione ZOOM. A questo Red Barrels aggiunge la funzione del microfono che, tramite un indicatore di volume rappresentato da una sorta di equalizzatore, consente di capire la maggiore o minore vicinanza delle possibili minacce. 

Visto che in OUTLAST nulla è completamente dalla nostra parte, la fidata camera diviene anche potenziale nemica: quando attivata la visione notturna il nemico vede infatti una luce e ci può individuare; consuma batterie non proprio facilissime da trovare. 


...o sulla magnanimità degli sviluppatori

In questa atmosfera di puro e continuo terrore ansiogeno, gli sviluppatori concedono giusto un paio di aiutini al protagonista.

Innanzitutto, quando partono gli inseguimenti, fanno alzare il volume e rendere più incalzante il ritmo delle paurose musiche. E lo fanno in realtà già al momento del semplice pericolo potenziale, non attendono il pericolo verificato. In altre parole: le caratteristiche precedenti consentono al giocatore di desumente che una minaccia potenziale è vicina a concretizzarsi e di prendere possibili contromosse anticipatorie perchè mai come in OUTLAST prevenire è meglio che curare

Dotano poi il buon Blake di una costituzione - almeno nella modalità normale, non hai visto quella hard - piuttosto robusta che gli consenta di non morire se non dopo almeno 3 colpi subiti - quando ne basterebbe uno nella schiena per decretare la fine dei giochi. Se è vero che l'essere feriti ha qualche rilevanza - Blake si muove in maniera più lenta, ma nemmeno tanto in realtà, e ansima mentre nello schermo appaiono macchie di sangue ai bordi stile FPS - altrettanto lo è che le bende - piuttosto generosamente trovabili nella modalità normale - permettono di ripristinare totalmente la salute. Lungi dall'essere un aiuto, questa in realtà è una ulteriore mazzata rispetto al primo gioco dove nemmeno occorreva trovare un curativo perchè la salute si ricaricava col tempo da sola. E attenti che curarsi richiede una frazione di tempo in cui si può essere tranquillamente colpiti. 

La vera magnanimità degli sviluppatori si ha però con il classico sistema Trial and Error. Difficile se non praticamente impossibile - a causa dei fitti inseguimenti, della visuale in prima persona e dell'oscurità - individuare subito la via giusta per la fuga, il gioco salva automaticamente in maniera abbastanza frequente, cosi da non obbligare a ripercorrere momenti già vissuti. 

Basi dell'Horror: Avanzare senza guardarsi indietro...

Facciamo a capirci: OUTLAST è un gran gioco. Ma presenta alcune scelte di fondo precise quanto alla maniera in cui la componente horror vien trasmessa. 

Se il senso di perdizione derivante dal non aver la più pallida di dove ci si trovi e di cosa stia succedendo esiste, altrettanto indubbio è che qui si avanza secondo binari prestabiliti dagli sviluppatori: mai viene data la possibilità al giocatore di perdersi e di non sapere cosa fare nella vastità della locazione - soltanto nelle singole fasi con il sistema trial and error - come accade ad esempio invece in RE o Silent Hill. Detto il altri termini: il gioco è lineare

Derivata di questa scelta è pure la scarsità di oggetti trovabili - essenzialmente tre: batterie, bende stivabili in numero massimo di 4 e documenti su tornerai nel prossimo post - e di enigmi che si riducono - in REviliana memoria - solo a reperire qualche oggetto da utilizzare in luoghi opportunamente evidenziati in bianco - catena per montacarichi, manovella per ponte, gancio, fune - oppure nello spostarli per sbloccare vie di passaggio - carrelli della miniera. 

Questo decisamente tempera un attimo la componente horror, consentendo al giocatore un'esperienza un po' meno complicata e cervellotica. Come a dire: tra il cervello e le gambe, prevale l'uso delle seconde. 

...tra cose immonde e rumori sinistri

E allora la vera componente horror, il motivo per cui si sobbalza sulla sedia che ha fatto si che anche RE7 si sia conformato in parte al genere, va cercato altrove. E precisamente nelle componenti visive e sonore.

La fatiscenza della locazione; le immagini cruente e le scene gore/splatter cui si assiste; i rumori e le musiche con quel loro incedere incalzante; gli screamer o Jumpscares che erano marchio di fabbrica della prima installazione e che qui sono per fortuna stati usati con un attimo più di parsimonia; gli inseguimenti di malintenzionati e l'impossibilità di difesa di Blake: questi gli elementi alla base della esperienza horror di OUTLAST. 



Il tutto confortato da una grafica eccezionale al fine di rendere più vivida l'esperienza: basti soltanto nominare i tremendi giochi di luce ed alcuni effetti - come il muoversi delle foglie o dell'erba o la visuale "annaffiata" qualora si sia appena usciti dall'acqua -. E con una serie di animazioni nel compimenti dei gesti più semplici che aiutano la visuale in prima persona ad immedesimare il giocatore in Blake: il curarsi con le bende, il controllare obiettivi e numero di risorse disponibili nella propria tasca, l'aprire le porte, il chiudere i chiavistelli. Sembra di essere li, di essere Blake: molto ben fatto. 


E se questo non basta...beh manca ancora il punto forte del discorso. Ma vi tornerai in un post a parte. 

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